Gommapiuma blu


Quando ero piccolo giocavamo a guardie e ladri. In montagna, a millequattrocentometri nei residence postnucleari di edilizia popolare degli anni settanta, a Marilleva. Poche macchine, una centotrentuno argento. Una Opel Kadett rossa, una Simca Horizon d’oro. L’odore dei pini, fin dentro i residence, l’odore di nuovo delle perlinature sul cemento, i divani, la moquette. Ti potevi nascondere ovunque, dentro i corridoi, che ti sentivi in un videogame. Fuori a perdifiato boschi e lamponaie. Gli altri contavano. Gli altri contavano e tu dovevi raggiungere il primo nascondiglio. Sentivi, quarantanove, cinquanta, cinquantuno e tu non eri ancora fuori dal campo visivo. Novantotto, novantanove, cento. Già non sentivi più. Eri via. La tensione calava, guardavi, sbirciavi a distanza, l’odore di prato, d’umido, i parcheggi di cemento, le macchine parcheggiate. Se non ti stufavi troppo potevi anche startene lì a riprender fiato per un po’, tranquillo, ma poi il bello era muoversi. Anche perché, lo sapevi, gli altri, Eugenia, Giovanni, Paolo e Chantal, Augusto e Giulia, mica erano cretini, sarebbero arrivati e ti avrebbero anche trovato se rimanevi solo, fermo, là. E poi magari qualcuno è stato preso. E tu lo devi liberare. E poi, che palle, star lì ad aspettare. Meglio fare un giro strategico, di quelli che parti da un punto A, compi una curva enorme, superando almeno trecento metri di dislivello, attraversando tutto il bosco e ricompari alle spalle della prigione, passando per il corridoio del residence. Che goduria, li prendi alle spalle, con un po’ di fortuna hanno anche già preso qualcuno e tu lo liberi. Corsa, tensione, tutto. Come partigiani sui monti. Che bello. Dodici anni avevo. Avevamo.

Ora ce li ha mio figlio dodici anni. Mia figlia quattordici. Nicc e Ore. Nicc ha voluto per il compleanno una Nerf, una pistola che lancia pallottole di gommapiuma. Poi ne ha regalata una alla sorella. Il gioco va più o meno così: si spegne la luce, uno conta, gli altri due si nascondono in casa, nel buio, è inverno e fuori non si può giocare. Io conto lento. Mi piace che abbiano tempo per nascondersi. Mi piace l’idea che sentano salire la tensione, uno, due, tre, quattro, mentre sono nascosti. Li indovino nel buio, ne sento i piccoli movimenti, caricano la pistola, urtano contro un letto, aprono e chiudono una porta. Sette, otto, nove. Si sente ogni scricchiolio di tarlo, ogni sirena nel traffico, la penombra tremula, il pavimento, le stanze, la scala di legno, il letto, il divano, il pianoforte. E pure i soprammobili, che secondo me prima o poi succede un qualche dramma, tipo un vaso, la piattiera che crolla, va beh non ci pensiamo. Venti. Parto, li vado a cercare. Mi muovo piano, non voglio che mi sentano. Mi muovo lungo lo stipite, come nei film, muovo avanti a me la pistola di plastica blu e arancione, la prima stanza è vuota, la posso usare come rifugio, come base. Ho appena chiuso la  porta, che da sotto il divano salta fuori Nicc, con un urlo e spara.

Ma il colpo gli resta in canna, la pistola si inceppa.

Merda, accendiamo la luce, guardiamo, apri, guarda, disfa. S’inceppa sempre, ne dovrò comprare una migliore, è che costano un fottio di soldi ste pistole, fatte bene eh, per carità, ma insomma. Va beh, domani glie ne prendo una. Anzi gli prendo il fucile automatico, con un arsenale di colpi.

Il negozio è vicino alla stazione Termini. Compro il fucile di plastica blu e arancione, che è alloggiato in una scatola enorme, più cartone che plastica. Gli tolgo l’involucro. Metto le cartucce blu e arancioni (pure loro) nel caricatore. Esco dal negozio e attraverso la strada. Entro in stazione. Vado al binario. Salgo sul treno. Mi siedo. Vado a casa.

2) Che aspetto avrà mai un terrorista? Me lo domandavo quando è uscita la notizia degli attentati a Parigi. Tu sei lì, a un concerto, come lo distingui un terrorista? Uno che tira fuori un fucile. A Marilleva? No, direi di no. Ci sono posti che non sono adatti ad essere obbiettivi terroristici. Un posto idilliaco, poca gente, poca rilevanza politica. Macchine per salire, per isolarsi dall’umanità. O quasi. Ma qui oggi, qui è la stazione Termini. E ci sono stati gli attentati terroristici. A Parigi. Un posto da attentati. Come Roma. E io che ne so, com’è fatto un terrorista? Penso che ha un fucile. E questo qua, guardalo, attraversa la strada, e lui ce l’ha il fucile, ma è uscito da un negozio di giocattoli. Ha un fucile arancione e blu. Che strano. Non sembra proprio un terrorista. Io giro e vado oltre, prendo la metro, ho avuto un sussulto, una cosa strana, un malessere, ho visto un fucile, in stazione, a Roma, all’inaugurazione del giubileo, alla stazione Termini.

3) Sono al cellulare. Ho una riunione di lavoro. Come si dice, sono in call. Di sfuggita. Di sfuggita lavoro. Di sfuggita cammino, di sfuggita sono alla stazione Termini. Di sfuggita vedo un venditore di involucri per telefonini. Di sfuggita vedo un uomo della sicurezza. Di sfuggita devo prendere la metro. Di sfuggita vedo uno che ha un fucile. Di sfuggita, non realizzo, vedo uno che corre. Io sono in call. Di sfuggita penso che magari sta arrivando la metro, di sfuggita, penso che quasi quasi corro anche io, un pochetto, per andare a prendere la metro prima. Di sfuggita accelero il passo. Di sfuggita sparisco nella scala mobile.

4) Vedo due persone che corrono. Ho visto uno con un fucile. Ho comprato il giornale. La polizia è allertatissima, dice il giornale, la sicurezza è dispiegata per tutta la città, la centrale operativa… Che faccia avrà un terrorista? Una foto sul giornale. Sì, ma prima? Prima di finirci sul giornale? Devo prendere un treno. Ha un ritardo di un’ora. Sono bloccato. Chi sa perché. Due uomini che corrono, il treno bloccato, la stazione Termini, il giubileo, il Bataclan, sono in ritardo, chiamo casa. Sono in ritardo. Il treno non parte. Ha un’ora di ritardo. Ehi, ho visto uno con un fucile, dico a Maria al telefono. Rido. Magari mi allontano eh, tempo di vedere, prendo un cappuccino, come precauzione, faccio passare l’ora. Mi allontano. Meglio.

5) E quello che fa? Inizia a correre e quello vicino a me è al cellulare, porca troia. E il treno non parte. Un treno che parte da qua e non parte. Un treno che parte da qua non è in ritardo. E quello al telefono ha chiamato casa e gli dice, di sfuggita, che ha visto uno con un fucile. E il treno non parte, siamo allo stesso binario. E lui ha visto uno con un fucile. E si allontana, dice che è meglio, che va a prendere un cappuccino. Che cazzo si ride. E due persone che corrono, magari posso, sì magari invece del treno posso prendere la metro, mi sbrigo, mi allontano, forse è meglio. Scendo giù, a passo svelto, inciampo in un gradino, e scendo a due a due, un po’ perché ho inciampato, che ho più slancio, scendo veloce. Di sfuggita, sì sì, è proprio meglio: sparisco nella scala mobile.

6) Tre persone che corrono. Un treno che non parte. Un’ora di ritardo. Anzi no, il treno ora è stato cancellato. C’era uno con un fucile. Uno ha detto che c’era uno con un fucile. Il giornale, il Bataclan, il giubileo. Non ho paura eh, è un’altra cosa la paura, non ho paura, ma è meglio chiedere. Ah ecco, sì giusto, chiedo, devo chiedere che fare, devo chiedere. Ah eccolo qua, il signor Trenitalia. Scusi, sa, il treno non parte, ho sentito che c’è uno con un fucile, ho visto tre persone che correvano. È tutto a posto? Sembrerebbe di sì, ma è tutto a posto? Il giubileo. Il Bataclan. È tutto a posto?

Al signor Trenitalia pare tutto a posto. Ma di questi tempi. Di questi tempi non puoi mica dire che è tutto a posto così, perché ti pare che è tutto a posto. Manco a Roma dove tutto pare sempre esse tuttapposto. E quindi il signor Trenitalia che fa?

“Chiamo la centrale Trenitalia per radio”, fa, dice il signor Trenitalia.

“Eeeeh”, fa il signor Trenitalia, nella radio, “c’è uno che ha visto delle persone che corrono, uno che aveva un fucile, c’è un treno cancellato. Centrale, è tutto a posto?”

Alla centrale Trenitalia pare tutto a posto. Ma di questi tempi non puoi mica dire che è tutto a posto così, perché ti pare. Manco a Roma dove tutto pare sempre esse tuttapposto. E quindi la centrale Trenitalia che fa?

“Stai lì, fa la centrale Trenitalia, dice, chiediamo alla polizia: (si sente girare la ghiera di un telefono anteguerra frrr frrr frrr): Centrale operativa? Si, ciao, guarda, c’è gente che corre in stazione, un treno è stato cancellato, c’era uno con un fucile, mi dicono, voi avete notizie?”

“Corriamo.”

Corriamo fa la centrale di polizia che di questi tempi non puoi mica dire che tu non hai notizie. Sì, che non sai proprio un cazzo, che non ti sei accorto di niente. C’è uno con un fucile, un treno bloccato, gente in fuga e te, te che sei la polizia nun te sei accorto d’un cazzo? E allora corri. Corri. Chiami le volanti, fai scattare il piano evacuazione, allerti la Polfer, il Sisde, i Pompieri, gli Ospedali, che tu sei LA centrale operativa di Roma e la Stazione Termini è un obbiettivo sensibile e tu non è che puoi arisponne che nun sai un cazzo, che te pare tuttapposto.

E quindi:

Corre la volante. Scatta il piano di evacuazione della stazione. Arrivano di corsa poliziotti e pompieri. La gente urla. Qualcuno ha sentito degli spari. C’è gente armata in stazione. Il giubileo. Il Bataclan. Da cosa si distingue un terrorista? Scattano i telefonini, panico a casa. Chi c’è in stazione? Impazzisce il traffico, tutti i treni sono bloccati. La metro viene chiusa. Gente che corre. Gente che corre. Qualcuno ha sentito sparare. Panico. E qua, cazzo, altro che paura, qua è terrore puro. Perché il terrore è così, arriva senza transizione, senza avvertimento, è il passaggio da una situazione di calma assoluta al panico. Questo è il terrore.

E quindi:

Da che si distingue un terrorista?

1) Arrivo a casa, sono nascosto nell’androne di casa. È buio. Sento Nicc che carica la pistola. Pensa che io non sia armato. Peng. Strillo. Si mette a ridere. Io invece tiro fuori il fucile e gli sparo una raffica di gommapiuma blu.

(Pubblicato da Autodafé Edizioni)

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